L’Orient Le Jour 10 marzo 2008
Dossier
Quale copertura sociale per l’abbandonato quartiere Dahieh?
La periferia sud , un concentrato di ONG attive soprattutto in ambito sociale
“Perche’ va a Dahieh?” La visita nella periferia sud di Beirut e’ cominciata sotto lo sguardo incuriosito del taxista incaricato di condurci,
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Dahieh non e’ un ghetto. Si tratta di un microcosmo dove coabitano piu’ istituzioni, pubbliche e private, tutte con lo scopo di aiutare le popolazioni in condizione di poverta’.
L‘organizzazione sociale di Dahieh e’ divisa tra piu’ attori. Gli attori pubblici hanno un campo d’azione limitato al quartiere nel quale sono presenti. Dahieh raggruppa 7 municipalita’. Queste sono principalmente incaricate di questioni legate a infrastrutture ed alla ricostruzione. La loro presenza sul campo le porta a trattare questioni sociali. Il presidente del consiglio municipale di Bourj el-Barajneh, Mohammad el-Harakeh, ha cosi’ dichiarato all’Orient Le Jour
che l’amministrazione comunale cerca di svolgere il lavoro sociale nel limite del suo potere e dei suoi finanziamenti per fare in modo che “le differenti popolazioni di Bourj el-Brajneh diventino una sola popolazione”. L’istituzione ha quindi cercato di organizzarsi in differenti comitati, sociali o sanitari. L’incaricato degli Affari sociali di Bourj el-Brajneh, Jammal al-Darsa, ci ha confidato , che il comune, per esempio, finanziava l’acquisto di libri per una parte dei suoi giovani studenti che ne sono sprovvisti. L’amministrazione comunale ha costruito giardini pubblici e cerca di organizzare regolarmente tornei di calcio.
L’amministrazione lavora ugualmente in partenariato con piu’ partner nati nella societa’ civile. Mohammad el-Harakeh insiste frequentemente sulla data di luglio 2006 che ha portato ONG locali e internazionali ad occuparsi della situazione della periferia sud. Secondo lui queste ultime provengono per la maggior parte da paesi stranieri quali la Norvegia,la Danimarca, la Francia, l’Italia, o anche l’Iran.
L’incaricato delle questioni sociali aggiunge, che l’istituzione cerca di aiutare le associazioni locali e straniere “che sembrano dare assistenza alla nostra societa’”, “nella misura dei nostri mezzi a disposizione, spesso, mettendo a disposizione spazi dove possano svilupparsi i differenti progetti” e non importa per quale di queste associazione, o di questi attori sociali.
In conclusione, il capo dell’amministrazione comunale dichiara che non e’ sempre facile mantenere un ruolo sociale in quanto questo ha costi che”non siamo sempre in grado di sopportare e, aggiunge, non si puo’ dimenticare che solo il 40% della popolazione di Bourj el-Brajneh abita in costruzioni legali”.
Questo rende difficile il censimento della popolazione e conseguentemente dei bisogni, in quanto solo le persone iscritte nelle liste elettorali sono prese in considerazione nelle statistiche pubbliche. Il governo e’ presente a Dahieh attraverso l’intermediazione dei centri del Ministero degli Affari Sociali. E’ stato quasi impossibile conoscere l’attribuzione o il nome, poiche’ ogni attore, qualunque sia il livello, ci rinviava al ministero, il quale ci richiedeva di presentare i nostri quesiti al loro ufficio.
Oltre al settore pubblico, locale o nazionale, la periferia sud di Beirut e’ un proliferare di attori sociali privati e con scopi differenti.
Un formicolio di attori
Esiste un numero decisamente importante ma difficile da valutare di strutture locali che si caratterizzano unicamente per la loro presenza a Dahieh. Si tratta spesso di ONG internazionali o locali, che non sono simpatizzanti di una politica piu’ che di un’altra.
Alcune ONG internazionali hanno scelto di concentrare attivita’ nel sud della capitale libanese. E’ il caso dell’associazione francese DIA.
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Si e’ installata a Beirut dopo la guerra di luglio 2006, l’ONG ha deciso di installarsi nella parte meridionale della citta’ perche “le problematiche post-conflitto riguardo ai giovani e l’assenza di programmi destinati a questa categoria della popolazione, ci fa ritenere di essere legittimati a stare a Dahieh”
Il programma dell’associazione DIA nel corso di un anno e’consistito nell’organizzare attivita’ psicosociali in partenariato con le scuole, i centri del ministero Affari Sociali e di altre ONG locali ed internazionali.
DIA ha organizzato attivita’ destinate ai giovani di eta’ dai 12 ai 18 anni. Laboratori di teatro, yoga, calcio femminile, creazione di marionette sono stati tenuti regolarmente.
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Altre organizzazioni sono emanazione di partiti politici la cui diffusione e’ piu’ limitata anche in base all’attivita’ che svolgono. E’ il caso del Centro islamico della sanita’ che tratta unicamente questioni sanitarie.
L’associazione al-Jarha si distingue ugualmente nell’attivita’, e’ presente non solamente a Dahieh ma anche nell’est e nel sud del paese, si occupa di feriti e di andicappati di guerra.
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“Si tratta per al-Jarha di occuparsi della riabilitazione degli andicappati in modo psicologico, fisico, sociale, accademico, senza dimenticare l’inserimento lavorativo”, ha dichiarato Hoda Bazzi, una delle rappresentanti dell’associazione.
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L’ONG World Vision, lavora in quattro quartieri di Dahieh e vicino alle zone di Ain el-Remmaneh, Furn el-Chebback, Chiyah e Ghobeiri. Le sue attivita’ si dividono in due rami principali: l’educazione e l’ instaurazione di condizioni favorevoli alla pace. […]Altro aspetto che interessa a World Vision e’ permettere la comunicazione tra differenti comunita’ libanesi. […] L’Ong internazionale e’ presente in 11 regioni libanesi.
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L’associazione AMEL creata nel 1979 gestisce 5 centri in questa parte di Beirut: a Bourj el-Brajneh, Hay el-Sellom, Musharrafiyeh, Chiyah e Haret Hreik. Questi ultimi sono essenzialmente dispensari dove i medici ricevono in base alla loro specializzazione. I consulti non sono gratuiti, in ottemperanza cosi’al principio di solidarieta’ che si differenzia da quello della carita’. L’insieme dei centri funziona come un piccolo ospedale disseminato in piu’ luoghi, i medici sono cardiologi, pediatri, ginecologi, psicologi, dentisti… La popolazione di Dahieh ha accesso anche ad un laboratorio di analisi, ad una pianificazione familiare, e puo’ fare radiografie ed ecografie a minor costo rispetto ad un classico ospedale. I centri di Amel si distinguono tra loro per l’attivita’ particolare che organizzano. Per esempio, a Hay el-Sellom oltre alle funzioni mediche, il personale del centro, organizza sessioni di formazione professionale. Le ragazze vengono formate come parrucchiere, i corsi sono tenuti da professionisti, tutti i giorni dalle 9 alle 13. Secondo la direttrice del centro di Soukre el-Haoule, la maggior parte di queste ragazze continua poi in questa attivita’. Un istituto di formazione alla meccanica automobile verra’ prossimamente installato in questi locali. Dal luglio 2007 e’ stato aperto il centro di Chiyah est, dedicato all’accoglienza e l’inserimento dei rifugiati Iracheni. Finanziato dall’Alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite e dall’ILO (organizzazione internazionale per il lavoro), questo centro ha come scopo permettere una migliore integrazione professionale e sociale dei rifugiati in seno alla comunita’ libanese.
Oltre alle attivita’ di socializzazione, il personale del centro di Chiyah dispensa ai ragazzi corsi di recupero per facilitare l’inserimento in ambito scolastico e della formazione professionale.
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450 persone sono attualmente registrate al centro di Chyah di cui il 75% lo frequenta regolarmente. Il gruppo comprende anche Curdi, Sudanesi e Palestinesi. Il personale dell’associazione desidera aprire le porte anche ai libanesi per permettere una maggiore integrazione.
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La coordinazione tra attori sociali, mito o realta?
L’organizzazione sociale del sud di Beirut si caratterizza per un formicolio di attori diversi, spesso senza coordianzione, dando cosi’ luogo alla mancanza di copertura sociale in alcune zone. E’ dunque destramente difficile avere una visione globale di come vengono trattati problemi sociali della zona sud di Beirut. Ogni attore lavora con la sua rete, secondo i suoi metodi e a favore della popolazione che si rivolge loro.
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Marion Junca responabile dell’ONG DIA, ci ha confidato che:”Nel corso della mia attivita’ a Dahieh , ho potuto osservare che la popolazione obbedisce a due logiche: una parte di essa sviluppa strategie di “sopravvivenza” beneficiando del sistema sociale dalle varie ONG , senza necessariamente conformarsi ad un sistema politico dato; il resto rimane escluso dallo sviluppo.”
Cosi’ un buon indicatore sarebbe quello del campo di azione delle associazioni trasversali associate a partiti politici che sono sufficientemente strutturate per poter coprire una parte importante della popolazione. Marion Junca nota a questo proposito che “la copertura dei beneficiari rimane tuttavia abbastanza sporadica”. L’ONG DIA ha tentato, nel quadro della sua missione di coordinare l’azione dei suoi partner sul campo attraverso il programma “ Dahieh Coordination Initiative”. Questo progetto mira a fare conoscere i differenti attori sociali presenti a Dahieh, le attivita’ e le origini, ed a fare in modo di razionalizzare la cooperazione attraverso la creazione di strumenti efficaci destinati ad ogni partner per poter segnalare i propri bisogni.
Il progetto sembra aver ottenuto un certo successo: il 30 gennaio 2008 erano 70 i partner presenti al momento della presentazione del progetto.
DIA ha potuto cosi’ riunire, le amministrazioni comunali, i centri del Ministero della Sanita’, le ONG di ogni genere e gli attori internazionali quali l’Alto Commissario delle Nazioni Unite.
Neocolonialismo
Tuttavia, certi attori sociali che abbiamo contattato, hanno dichiarato a L’Orient Le Jour che, secondo loro “ questo tipo di programma, avviato dalle ONG internazionali, e’ imparebntato al neocolonialismo. Lavoriamo da anni nella zona di Dahieh, al di fuori di tutti gli sfaldamenti politici e non abbiamo bisogno che un’ONG francese venga a spiegarci come procedere”.
Si comprende che la reticenza e’ grande, come grande, e’ l’entusiasmo.
Al di la’ delle frontiere teoriche tra un tipo di intervento umanitario e un altro, sono le popolazioni che prima di tutto vengono danneggiate dell’assenza di una collaborazione o almeno di concertazione tra attori sociali sul campo.
Il metodo psicosociale
Come usare la psicologia con le popolazioni che non ne sono abituate.
Per il dottor Chawki Azouri, direttore del servizio psichiatrico dell’ospedale del Monte Libano, consigliere scientifico dell’UNICEF e distaccato presso il Ministero degli Affari Sociali e del Consiglio Superiore dell’Infanzia: “ Non dovrebbe esserci alcun psicologo a Dahieh. Secondo me, la cosa peggiore e’ stigmatizzare una popolazione che ha subito una guerra o una catastrofe naturale. Nel corso del mio lavoro di psichiatra sul campo, io cerco costantemente di “depsicologizzare” il lavoro sociale, per restituire a queste popolazioni il proprio sapere per aiutarsi ad uscire da situazioni estreme.”
Il lavoro psicosociale non ha dunque utilita’?
“Si tratta di un movimento che e’ attualmente in voga , il cui scopo e’ venire in aiuto alle popolazioni traumatizzate, che ha il merito, di prendere in considerazione, insieme, la dimensione psicologica e sociale”.