Traduzione di parte dell’articolo pubblicato sul quotidiano “l’Orient le Jour “ dell’8 ottobre 2008
Nuovo accordo di cooperazione tra Italia e Libano
l’Italia, solidamente impegnata a livello di progetti di sviluppo, ha firmato ieri con il CDR un accordo di donazione per un nuovo progetto di cooperazione in Libano . L’ambasciatore italiano Gabriele Checchia e il presidente del CDR, Nabil el-Jisr, hanno firmato ieri un nuovo accordo di cooperazione allo sviluppo per un valore di 25 milioni di euro (36000 milioni di dollari americani).L’accordo definisce anche le donazioni precedenti approvate dal Ministero italiano degli Affari Esteri a favore del Libano per l’anno 2008, di un valore di 10 milioni di euro sul canale bilaterale e 9 milioni di euro per la terza fase del Programma d’urgenza (ROSS) della Cooperazione italiana , e 6 milioni di euro per le agenzie multilaterali e per l’assistenza tecnica.Nel quadro dei nuovi progetti previsti, verranno trattati differenti ambiti: la fornitura dell’acqua, lo sviluppo locale, l’aiuto alle piccole e medie imprese, il controllo e la protezione dell’ambiente, il diritto della donna e del minore e il patrimonio culturale.Finanziato nel quadro dell’impegno dell’Italia nella Conferenza dei donatori a Parigi (Parigi III) nel gennaio 2007, questo accordo di cooperazione si aggiunge all’accordo firmato l’anno scorso per un valore di 30 milioni di euro, e porta cosi’ le donazioni dell’Italia fissate nella conferenza di Parigi ad un importo superiore ai 45 milioni di euro.[…]I pescatori di BatrounMartedi’, un progetto finanziato dal ministro italiano degli Affari Esteri e realizzato dall’ONG italiana Ricerca e Cooperazione (RC) e l’Organizzazione per lo sviluppo per la pace sociale ( ODPS) per lo sviluppo della comunita’ dei pescatori a Batroun, con lo scopo di ottenere una migliore produzione e sicurezza, e’ stato presentato in questa cittadina del nord del Libano.[…]Uno studio socio economico preliminare sulle condizioni della comunita’ dei pescatori di Batroun e’ stato effettuato durante i mesi precedenti e le attivita’ che verranno intraprese nei prossimi due anni si basano sul risultato di questo studio. […]La maggior parte dei battelli usati per la pesca non sono dotati di radio, segnalazioni luminose, sistemi di navigazione GPS e dispongono di un equipaggiamento minimo di sicurezza. Verranno organizzati corsi di formazione e un programma di microcredito per permettere l’accesso ai fondi e procurarsi l’equipaggiamento ed i dispositivi di sicurezza necessari.La seconda parte di questo progetto punta al miglioramento della produzione con l’introduzione di nuove tecniche e nuovi materiali per la pesca. Sono previste dimostrazioni in mare e finanziamenti attraverso il microcredito per l’equipaggiamento dei battelli.[…]Il progetto si concentrera’ sul miglioramento della produzione a lungo termine e la salvaguardia delle risorse marine attraverso l’introduzione di meccanismi di impatto ambientale minime perla gestione della pesca.
Chi perde oro lo ritrovera’ al mercato, chi perde l’amato, tra un e anno forse lo dimentichera’ ma chi perde la patria, dove la ritrovera’?(parole di un poeta iracheno scritte in arabo dialettale)[1]
Traduzione articolo del mensile “The Monthly” nr 75 – ottobre 2008-10-05Quando i politici parlanoQuando essi parlano di…. naturalizzazione e Diritto al Ritorno
L’art 2 della Risoluzione 194 emessa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l ‘11 dicembre 1948, stabilisce che deve essere consentito ai Palestinesi il ritorno alla loro patria e di poter vivere in modo pacifico con i loro vicini. Da allora, Israele sta tentando di privare i Palestinesi del loro Diritto al Ritorno attraverso il tentativo di naturalizzare i Palestinesi nei paesi di residenza.I Palestinesi sono arrivati numerosi in Libano nel 1948 e la maggioranza dei libanesi e’ contraria alla loro naturalizzazione. Il paragrafo “i” della Costituzione Libanese specifica che “ non esiste segregazione delle persone sulla base di qualsiasi tipo di appartenenza, ne frammentazione, divisione o colonizzazione”.Comunque, i partiti politici libanesi non approvano la naturalizzazione dei Palestinesi.Le sono osservazioni fatte dai politici libanesi e dai religiosi sulla naturalizzazione dei Palestinesi e il Diritto al Ritorno.
Nabih Berry“Naturalizzazione e’ una bomba ad orologeria che distrugge la stabilita’” (28 settembre 1993)“Accettare la naturalizzazione e’ un tradimento della Causa Palestinese. Il Libano rifiuta e non puo’ fronteggiare alcuna forma di naturalizzazione, se la naturalizzazione e’ dannosa per altri paesi; in Libano e’ letale.” (19 febbraio 2004)
Walid Jumblat“Sembra che i 150 milioni di $ erano un pagamento fatto da “Abu Ammar” (Yasser Arafat) a Michel Aoun per ottenere la naturalizzazione dei Palestinesi in Libano.La guerra di Liberazione e gli slogan di sovranita’ e dignita’ sono falsi perche’ Michel Aoun decise di dividere la quota tra lui e Arafat a danno della sovranita’, unita’ e indipendenza.” (4 gennaio 1990).“Molti discorsi di naturalizzazione. Fino alla realizzazione concreta di uno Stato Palestinese istituito in qualche luogo in Palestina, nella West Bank o Gaza, i Palestinesi rimangono nei loro territori; dove possono andare ? (12 luglio 2004).
Sa’ad al-Hariri“Ieri non lo si desiderava. Oggi, il Presidente Abbas ed il governo libanese sono disposti a risolvere questa questione(naturalizzazione), che in passato non e’ stato possibile sollevare.Rassicuro i libanesi che non vi e’ alcun progetto di naturalizzazione per i Palestinesi in Libano. La Costituzione lo vieta. Vogliamo che i Palestinesi vivano in Libano come vivono in ogni altro Paese Arabo”. (19 ottobre 2006)
Michel Aoun“La naturalizzazione rimane una opzione praticabile finche’ viene discussa a livello internazionale. Non e’ sufficiente dire che siamo contro la naturalizzazione ma dobbiamo cercare di rimuovere quest’idea dal pensiero degli interlocutori internazionali e dalle forze che cercano di ottenere la naturalizzazione. (18 giugno 2006)Vi e’ una questione che va oltre la questione politica sunnita; vi e’ la questione della naturalizzazione; la famiglia Hariri continua il progetto per la naturalizzazione e questo spiega il tentativo di marginalizzare i Cristiani e gli Sciiti tenendoli lontani dalle questioni importanti… il progetto di naturalizzazione e divisione lo si interpreta cosi’ a livello politico (15 gennaio 2007).
Boutros Harb“vi sono circa 450.000 Palestinesi in Libano. Ogni piano di insediamento sarebbe contrario al nostro interesse interno” (21 novembre 1991)“Evidenzio il mio assoluto rifiuto ad ogni progetto orientato alla naturalizzazione dei Palestinesi. Allo stesso tempo, chiedo di migliorare le condizioni sociali e di vita dei Palestinesi in libano in attesa di una soluzione del loro caso”. (30 agosto 2007)
Patriarca Nasrallah“I Palestinesi sono presenti in Libano da piu’ di mezzo secolo, perche’ Israele non permette loro il ritorno alle proprie terre. E’ necessario coesistere con loro fino a che il loro caso e’ risolto. Vi sono alcune fazioni libanese che rifiutano ed altre che accettano la naturalizzazione. Comunque il Libano non puo’ gestire, far fronte alla naturalizzazione.” ( I giugno 2007)
Sayyed Hassan Nasrallah“Siamo contrari alla naturalizzazione e sosteniamo il ritorno mdei Palestinesi alla loro patria, casa e terra. La naturalizzazione e’ funzionale agli interessi di Israele. Siamo qui per proteggere lo Stato e la pace civile e prevenire ogni forma di caos.” (8 marzo 2005)
Traduzione parte dell’articolo del quotidiano Orient Le Jour del 4 ottobre 2008
Per il presidente svizzero, il Diritto al Ritorno dei Palestinesi non puo’ essere globale[…]Il presidente della confederazione elvetica, Pascal Couchepin, e’ arrivato ieri pomeriggio all’aeroporto Rafic Hariri, dove e’ stato accolto dal presidente Michel Sleiman, per una visita ufficiale di tre giorni. […]Riguardo alla situazione regionale e al problema dei Palestinesi, M Couchepin ha stimato che “ la Svizzera e’ un attore modesto in questo ambito. Evocando il problema del Diritto al ritorno dei palestinesi, il presidente svizzero stima che da un lato esiste “il problema del Diritto al ritorno”, ma che “nella pratica, non si puo’ immaginare un diritto al ritorno di massa”. “E’necessario cercare tutti insieme una soluzione che tiene conto allo stesso tempo al “Diritto al Ritorno” ma anche del fatto che non e’ praticabile su scala fisica globale (echelle physique globale)”.
Palestine, la depossessione d’un territoire/L’insoluto problema dei rifugiati palestinesi[2]
La quetsione dei rifugiati palestinesi e’ molto sensibile ed e’ stato definito da Elia Zureik come la posta in gioco piu’ delicata alla quale la comunita’ internazionale deve far fronte dopo la Seconda Guerra Mondiale. Vista la sua specificita’ e ampiezza, l’Onu ha istituito nel 1949 un organismo per assistere i rifugiati palestinesi. Si tratta dell’UNRWA (United Nations Relief and Work Agency – Agenzia di Lavoro dell’ONU per i Rifugiati) che fornisce aiuto e assistenza a questa importante comunita’ obbligata a lasciare il suo territorio di ancoraggio demografico.Il rifugiato palestinese si trova in una situazione che differenzia da quella di un rifugiato comune che risponde alla definizione largamente accettata : la fuga dal suo paese per ragioni di sicurezza e nella speranza di un aiuto per l’accoglienza in un altro paese. In effetti, il rifugiato palestinese reclama un diritto di ritorno al paese, un diritto contestato da Israele e (largement evacue) ampiamente eliminato nelle negoziazioni con i Palestinesi, e sempre rinviato agli accordi sullo statuto permanente. Le stime sono molto9 delicate e contardittorie. Secondo le statistiche UNRWA, lo statuto di rifugiato palestinese e’ accordato a chi e’ stato forzato a lasciare le residenze palestinesi tra il giugno 1946 e il maggio 1948. Nel 1950 da questo organismo sono stati stimati 914.000 rifugiati. Nel 2005 il numero ha raggiunto i 4,3 milioni di persone. 1.3 milioni di palestinesi vive in 59 campi impiantati in Giordania, Libano, Siraia e Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Rappresentano il 30% dei rifugiati . 10 campi di rifugiati supplementari sono stati aperti dopo la guerra del 1967.
Tabella : Rifugiati palestinesi in LibanoPrincipali campi in Libano e numero d rifugiati
Mar Elias 612
Burj el-Barajneh 15484
Dbayeh 4002
Shatila 8212
Ein el-Hilweh 45004
Mieh Mieh 4473
El-Buss 9287
Rashidieh 25745
Burj el-Shemali 18625
Nahr el-Bared 30439
Beddawi 15641
Wavel 7551
Dikwaneh & Nabattieh (campi distrutti) 16282
Secondo la definizione delle Nazioni Unite lo statuto di rifugiato palestinese ed ai suoi discendenti si applica a:“tutte le persone che risiedevano abitualmente in Palestina alla data del I giugno 1946”.
Campi palestinesi – dati UNRWA (Organizzazione delle nazioni Unite per i rifugiati Palestinesi) [3]
194 (III). Palestine — Progress Report of the United Nations Mediator[4]The General Assembly,Having considered further the situation in Palestine,1. Expresses its deep appreciation of the progress achieved through the good offices of the late United Nations Mediator in promoting a peaceful adjustment of the future situation of Palestine, for which cause he sacrificed his life; andExtends its thanks to the Acting Mediator and his staff for their continued efforts and devotion to duty in Palestine;
2. Establishes a Conciliation Commission consisting of three States members of the United Nations which shall have the following functions:
(a) To assume, in so far as it considers necessary in existing circumstances, the functions given to the United Nations Mediator on Palestine by resolution 186 (S-2) of the General Assembly of 14 May 1948;
(b) To carry out the specific functions and directives given to it by the present resolution and such additional functions and directives as may be given to it by the General Assembly or by the Security Council;
(c) To undertake, upon the request of the Security Council, any of the functions now assigned to the United Nations Mediator on Palestine or to the United Nations Truce Commission by resolutions of the Security Council; upon such request to the Conciliation Commission by the Security Council with respect to all the remaining functions of the United Nations Mediator on Palestine under Security Council resolutions, the office of the Mediator shall be terminated;
3. Decides that a Committee of the Assembly, consisting of China, France, the Union of Soviet Socialist Republics, the United Kingdom and the United States of America, shall present, before the end of the first part of the present session of the General Assembly, for the approval of the Assembly, a proposal concerning the names of the three States which will constitute the Conciliation Commission;
4. Requests the Commission to begin its functions at once, with a view to the establishment of contact between the parties themselves and the Commission at the earliest possible date;
5. Calls upon the Governments and authorities concerned to extend the scope of the negotiations provided for in the Security Council’s resolution of 16 November 1948 1/ and to seek agreement by negotiations conducted either with the Conciliation Commission or directly, with a view to the final settlement of all questions outstanding between them;
6. Instructs the Conciliation Commission to take steps to assist the Governments and authorities concerned to achieve a final settlement of all questions outstanding between them;
7. Resolves that the Holy Places – including Nazareth – religious buildings and sites in Palestine should be protected and free access to them assured, in accordance with existing rights and historical practice; that arrangements to this end should be under effective United Nations supervision; that the United Nations Conciliation Commission, in presenting to the fourth regular session of the General Assembly its detailed proposals for a permanent international regime for the territory of Jerusalem, should include recommendations concerning the Holy Places in that territory; that with regard to the Holy Places in the rest of Palestine the Commission should call upon the political authorities of the areas concerned to give appropriate formal guarantees as to the protection of the Holy Places and access to them; and that these undertakings should be presented to the General Assembly for approval;
8. Resolves that, in view of its association with three world religions, the Jerusalem area, including the present municipality of Jerusalem plus the surrounding villages and towns, the most eastern of which shall be Abu Dis; the most southern, Bethlehem; the most western, Ein Karim (including also the built-up area of Motsa); and the most northern, Shu’fat, should be accorded special and separate treatment from the rest of Palestine and should be placed under effective United Nations control;
Requests the Security Council to take further steps to ensure the demilitarization of Jerusalem at the earliest possible date;
Instructs the Conciliation Commission to present to the fourth regular session of the General Assembly detailed proposals for a permanent international regime for the Jerusalem area which will provide for the maximum local autonomy for distinctive groups consistent with the special international status of the Jerusalem area;
The Conciliation Commission is authorized to appoint a United Nations representative, who shall co-operate with the local authorities with respect to the interim administration of the Jerusalem area;
9. Resolves that, pending agreement on more detailed arrangements among the Governments and authorities concerned, the freest possible access to Jerusalem by road, rail or air should be accorded to all inhabitants of Palestine;
Instructs the Conciliation Commission to report immediately to the Security Council, for appropriate action by that organ, any attempt by any party to impede such access;
10. Instructs the Conciliation Commission to seek arrangements among the Governments and authorities concerned which will facilitate the economic development of the area, including arrangements for access to ports and airfields and the use of transportation and communication facilities;
11. Resolves that the refugees wishing to return to their homes and live at peace with their neighbours should be permitted to do so at the earliest practicable date, and that compensation should be paid for the property of those choosing not to return and for loss of or damage to property which, under principles of international law or in equity, should be made good by the Governments or authorities responsible;Instructs the Conciliation Commission to facilitate the repatriation, resettlement and economic and social rehabilitation of the refugees and the payment of compensation, and to maintain close relations with the Director of the United Nations Relief for Palestine Refugees and, through him, with the appropriate organs and agencies of the United Nations;12. Authorizes the Conciliation Commission to appoint such subsidiary bodies and to employ such technical experts, acting under its authority, as it may find necessary for the effective discharge of its functions and responsibilities under the present resolution;The Conciliation Commission will have its official headquarters at Jerusalem. The authorities responsible for maintaining order in Jerusalem will be responsible for taking all measures necessary to ensure the security of the Commission. The Secretary-General will provide a limited number of guards to the protection of the staff and premises of the Commission;13. Instructs the Conciliation Commission to render progress reports periodically to the Secretary-General for transmission to the Security Council and to the Members of the United Nations;14. Calls upon all Governments and authorities concerned to co-operate with the Conciliation Commission and to take all possible steps to assist in the implementation of the present resolution;
15. Requests the Secretary-General to provide the necessary staff and facilities and to make appropriate arrangements to provide the necessary funds required in carrying out the terms of the present resolution.* * *
At the 186th plenary meeting on 11 December 1948, a committee of the Assembly consisting of the five States designated in paragraph 3 of the above resolution proposed that the following three States should constitute the Conciliation Commission:France, Turkey, United States of America.
The proposal of the Committee having been adopted by the General Assembly at the same meeting, the Conciliation Commission is therefore composed of the above-mentioned three States.
“Il Libano aspira a diventare un centro internaZIonale di dialogo, civilizzazione e culture”
Questo il motto del Libano pronunciato alla 63esima sessione dell’Assemblea generale dell’ONU.
Il presidente Sleiman appella la Comunita’ Internazionale ad esercitare pressioni su Israele per il rispetto della risoluzione 1701.
L’insediamento dei rifugiati palestinesi, le minacce israeliane, il terrorismo, le relazioni con la Siria e il rilancio del dialogo nazionale sono le tematiche affrontate dal presidente della Repubblica Michel Sleiman nel corso degli incontri bilaterali durante la sua visita negli Stati Uniti.
[…] Nel suo discorso ha evocato i due danni maggiori che incombono sul Libano: le minacce israeliane e l’insediamento dei rifugiati palestinesi in territorio libanese.
Riaffermando l’adesione del Libano alla risoluzione 194 del Consiglio di sicurezza e al diritto di ritorno dei rifugiati palestinesi alle loro terre, il capo dello Stato ha espresso ancora una volta il rifiuto chiaro e categorico all’insediamento da parte di tutti i partiti, correnti e movimenti politici libanesi in quanto processo contrario ai diritti dell’uomo e al diritto internazionale.
Esponendo ai presidenti delle differenti delegazioni le preoccupazioni libanesi concernenti le minacce israeliane che recentemente si sono intensificate contro il Libano, il presidente Sleiman si e’ appellato all’ONU chiedendo di “intervenire presso lo Stato ebreo in collaborazione con le grandi potenze, Stati Uniti e Francia, affinche’ si ritiri dalle Fattorie Chebaa, dalle alture di Kfarchouba, dalla parte nord del villagio di Ghajar e cessi le sue violazioni dello spazio aereo, il cui il carattere provocatorio ed intensivo e’ stato dimostrato dal dipartimento delle operazioni per il mantenimento della pace, conformemente alla risoluzione 1701.”
Ha ricordato inoltre il diritto del Libano ad usufruire delle sue risorse idriche al sicuro dalle mire israeliane. Sleiman ha preteso inoltre che lo Stato ebreo sia obbligato a indennizzare il Libano ed a consegnare la cartografia delle mine terrestri e dei siti di bombe a fragmentazione lasciate sul suolo libanese. Ha inoltre chiesto al consiglio di sicurezza dell’ONU “ di annunciare un cessate il fuoco invece della cessazione delle ostilita’”.
[…]
Citando Giovanni Paolo II: “Il Libano e’ piu’ che un paese, e’ un messaggio”, il presidente della repubblica ha concluso il suo discorso in questi termini: ” Il concetto filosofico dell’entita’ libanese si basa sul dialogo, il consenso e la coesistenza da quando i suoi figli si sono accordati sulla pace nazionale nel 1943, passando dall’accordo di Taef conclusosi nel 1989, poi confermato dall’accordo di Doha nel 2008. Rispetto alla sua situazione ed ai conflitti internazionali (…) il Libano sembra essere un bisogno internazionale ed e’ un vero laboratorio di dialogo tra civilizzazioni e culture. Con le sue 18 comunita’ che coesistono sul suo suolo, essendo riuscito a preservare il suo sistema democratico e le sue liberta’ fondamentali a dispetto di tutte le sfide, il Libano ambisce oggi a divenire un centro internazionale per la gestione del dialogo di civilizzazioni e culture, nella speranza che le forze positive nel mondo evitino le battaglie e che i processi di pace nella regione giungano ad un regolamento giusto e globale del conflitto in Medio Oriente.
Traduzione di parte dell’articolo pubblicato sulla rivista settimanale “La revue du Liban” del 27 settembre 2008